Il Caffè poesia di origine controllata
  è un'immagine, una poesia, una canzone, un odore, una musica, una piccola frase che sono nella vita di ogni uomo. Ed ognuna è una stella che brilla nella notte indicando la giusta direzione, è un faro che illumina il percorso tra le onde. E' un raggio di sole che all'alba illumina la vita e ce la fa scoprire intensa e più profonda"
Franco Battiato
Franco Battiato
 

 

 

Gli Uccelli Queste sere deserte

Volano gli uccelli volano
nello spazio tra lenuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare
aprono le ali
scendono in picchiata atterrano meglio di areoplani
cambiano le prospettive al mondo
voli imprevedibili ed ascese velocissime
traiettorie impercettibili
codici di geometria esistenziale

migrano gli uccelli emigrano
con il cambio di stagione
giochi di aperture alari
che nascondono segreti
di questo sistema solare
aprono le ali
scendono in picchiata atterrano meglio di areoplani
cambiano le prospettive al mondo
voli imprevedibili ed ascese velocissime
traiettorie impercettibili
codici di geometria esistenziale
volano gli uccelli volano
nello spazio tra le nuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare

A vivere di me, con me non passi
queste sere deserte, resto solo,
solo col mio silenzio come i sassi.

ha la sua bianca vela che gli parte,
gli torna, e più non sa se il lungo amore
è l'ansia di proteggerla in disparte
o di perderla dentro il proprio cuore.

Ti dò la giovinezza che tu credi
di portarmi ogni volta, per la stretta
del faro salgo a chiedere se vedi
la brace rossa della sigaretta.

 
 
 
 

 

 

La Spazia La Spazia(5.0 Mb)  

SE
SPAZIO
IL
LA
LIGNEO
D'ARGENTO
CULLA
COME
VASCA
FONTANA
PLASTICOVER
MOSAICI
DOMENICA
QUASI
MIRAGGIO
COLLA
DEL
LAMPADESSA
MACCHÈ
SPASSA
LA
A
CERCA
DA
NUN
SCORDÀ
E TOCCHI
SQUARCI
MISSILI
DEL DI
ILLUMINATO

SE
SPAZIO
IL
LA
LIGNEO
D'ARGENTO
CULLA
COME
VASCA
FONTANA
PLASTICOVER
MOSAICI
DOMENICA
QUASI
MIRAGGIO
COLLA
DEL
LAMPADESSA
MACCHÈ
SPASSA
LA
A
CERCA
DA
NUN
SCORDÀ
E TOCCHI
SQUARCI
MISSILI
DEL DI
ILLUMINATO

Georges Brassens
Georges Brassens
 
 
Tempête dans un bénitier Tempesta in un'acquasantiera

Tempête dans un bénitier,
Le souverain pontife avecque
Les évêques, les archevêques,
Nous font un satané chantier.

Ils ne savent pas ce qu'ils perdent,
Tous ces fichus calotins,
Sans le latin, sans le latin,
La messe nous emmerde.
A la fête liturgique,
Plus de grand's pompes, soudain,
Sans le latin, sans le latin,
Plus de mystére magique.
Le rite qui nous envoûte
S'avère alors anodin,
Sans le latin, sans le latin,
Et le fidèl's s'en foutent.
O très Sainte Marie mèr' de
Dieu, dites à ces putains
De moines qu'ils nous emmerdent
Sans le latin

Je ne suis pas le seul, morbleau!
Depuis que ces règles sévissent,
A ne plus me rendre à l'office
Dominical que quand il pleut.

Ils ne savent pas ce qu'ils perdent
Tous ces fichus calotins,
Sans le latin, sans le latin,
La messe nous emmerd.
En renonçant à l'occulte,
Faudra qu'ils fassent tintin,
Sans le latin, sans le latin,
Pour le denier du culte.

A la saison printanière
Suisee, bedeau, sacristain,
Sans le latin, sans le latin
F'ront l'églis' buissonnière,
O très Sainte Marie mèr'de
Dieu, dites à ces putains
De moines qu'ils nous emmerdent
Sans le latin.

Ces oiseaux sont des enragés,
Ces corbeaux qui scient, rognent, tranchent
Le saine et bonne vieille branche
De la croix où ils sont perchés.

Ils ne savent pas ce qu'ils perdent,
Tous ces fichus calotins,
Sans le latin, sans le latin,
La messe nous emmerde.
Le vin di sacré calice
Se change en eau de boudin,
Sans le latin, sans le latin
Et ses vertus faiblissent.
A Lourdes, Sète ou bien Parme,
Comme à Quimper Corentin,
Le presbytère sans le latin
A perdu de son charme.
O très Saint Marie mèr' de
Dieu, dites à ces putains
De moines qu'ils nous emmerdent
Sans le latin.

L'acquasantiera è in tempesta.
Il papa con i vescovi
E tutti gli arcivescovi
Ci han rovinato la festa.

Non sanno cosa si perdono
Queste fottute calotte,
Non sanno che senza il latino
La messa ci rompe un casino.
Alla festa liturgica,
Niente più pompa magnifica,
Senza il latino, senza il latino
Niente mistero magico.
Il rito che ci ammaliava
E' diventato anodino,
Senza il latino, senza il latino,
I fedeli si annoiano.
Maria santissimima, madre
Di Dio, di' a questi accidenti
Di monaci che ci rompono
Senza il latino.

Perbacco, non sono il solo,
Con queste regole nuove,
Che va all'ufficio domenicale
Solo se piove.

Non sanno cosa si perdono
Queste fottute calotte,
Non sanno che senza il latino
La messa ci rompe un casino.
Rinunciando all'occulto,
Non conteranno più molto,
Senza il latino, senza il latino,
Sull'obolo del culto.

Quando sarà primavera,
Persino il sacrestano
Senza il latino, senza il latino,
Marinerà la chiesa.
Che Maria, madre di Dio,
Dica a questi bei monaci
Del diavolo che ci rompono
Senza il latino.

Sono ottusi pretacci fanatici,
Che segano, mozzano, tranciano
Il sano e vecchio ramo della croce
Dove si appollaiavano.

Non sanno cosa si perdono
Queste fottute calotte,
Non sanno che senza il latino
La messa ci rompe un casino.
Il vino del calice santo
Diventa scipito brodino,
Senza il latino, senza il latino
Le sue virtù spariscono.
A Lourdes, a Sète o anche a Parma,
Come a Quimper Corentin,
Il presbiterio senza il latino
Ha perso già il suo fascino.
Maria santissima, madre
Di Dio, di' a questi accidenti
Di monaci che ci rompono
Senza il latino.

>> Mogol
Mogol
Mogol
 
Salvatore Quasimodo
Salvatore Quasimodo
Lamento per il sud Anima latina

La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve...
Il mio cuore è ormai su queste praterie
in queste acque annuvolate dalle nebbie.
Ho dimenticato il mare, la grave
conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell'aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.
Ma l'uomo grida dovunque la sorte d'una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.

Oh il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l'eco dei suoi pozzi
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d'acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
Più nessuno mi porterà nel Sud.

E questa sera carica d'inverno
è ancora nostra, e quì ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezza di furori,
un lamento d'amore denza amore

 

Scende ruzzolando
dai tetti di lamiera
indugiando sulla scritta
"Bevi Coca Cola".
Scende dai presepi vivi, appena
giunge sera...
Quando musica e miseria diventan
cosa sola.

La gioia della vita.
La vita dentro agli occhi dei
bambini
denutriti, allegramente malvestiti
che nessun detersivo potente può
aver veramente
sbiaditi.

E corre sulle spiagge atlantiche
seguendo il calcio di un pallone,
per finire nel grembo di grosse
mamme
antiche dalla
pelle marrone.
E s'agita nel sangue delle genti,
dai canti e dalle risa rinvigorite,
che nessuna forza, per quanto
potente, può
aver
veramente piegate.