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" qui potete parlarci di voi: le vostre idee, cose fatte o che farete, quelle che vorreste ancora fare, le vostre iniziative, letture, scritture, libri, musiche, riviste, spettacoli o altro che coniughi l'arte con la vita... i nuovi Caffè Letterari. Qui vi saremo vicini per capire, pertecipare ed essere con voi " |
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Ivano Fossati |
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Vittorio Sereni |
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Bella Speranza |
Ancora sulla strada di Zenna |
Scusa se non telefono
ma ho già il mio bel daffare
a non morire
qui le donne non sanno più muovere
quel bellissimo mucchio di carne
che nasconde la Bella Speranza
la Bella Speranza
Adesso ho giorni buoni
e aria lunga
ma ho tanto desiderato essere nessuno
solo un grande scrittore fa muovere insieme
i vivi e i morti
e solo un grande dio può accudire i disperati
in un posto così
Ci sono luoghi dove il bisogno di violenza
è molto più forte della volontà
ci sono ore in cui il bisogno di violenza
è molto più in alto della volontà
ed è ben altro che bastoni e coltelli
non essere visto e non vedere
essere piombo caduto fuso
sulla terra
Quanto a me, vedi, le persone non cambiano
è che col tempo il tempo le complica
più di un po'
Così rimango a farmi fischiare le orecchie
fra questi alberghi lontani e devastati
in questi paesi poveri e salati
Vivo con prudenza
come un buon mercante in un grande affare
Più spesso, come i topi
sento la mia ombra fra i muri
scivolare. |
Perché quelle piante turbate m'inteneriscono?
Forse perché ridicono che il verde si rinnova
a ogni promavera, ma non rifiorisce la gioia?
Ma non è questa volta un mio lamento
e non è primavera, è un'estate,
l'estate dei miei anni.
Sotto i miei occhi portata dalla corsa
la costa va formandosi immutata
da sempre e non la muta il mio rumore
né, più fondo, quel repentino vento che la turba
e alla prossima svolta, forse, finirà.
E io potrò per ciò che muta disperarmi
portare attorno il capo bruciante di dolore...
ma l'opaca trafila delle cose
che là dietro indovino: la carrucola nel pozzo,
la spola della teleferica nei boschi,
i minimi atti, i poveri
strumenti umani avvinti alla catena
della necessità, la lenza
buttata a vuoto nei secoli,
le scarse vite che all'occhio di chi torna
e trova che nulla nulla è veramente mutato
si ripetono identiche,
quelle agitate braccia che presto ricadranno,
quelle inutilmente fresche mani
che si tendono a me e il privilegio
del moto mi rinfacciano...
Dunque pietà per le turbate piante
evocate per poco nella spirale del vento
che presto da me arretreranno via via
salutando salutando.
Ed ecco già mutato il mio rumore
s'impunta un attimo e poi si sfrena
fuori da sonni enormi
e un altro paesaggio gira e passa. |
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Lucio Dalla
Un ospite del caffè Balzola |
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Francesco Guccini
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Il vecchio e il bambino |
Quale allegria |
Un vecchio e un bambino
si preser per mano
e andarono insieme
incontro alla sera;
la polvere rossa
si alzava lontano
e il sole brillava
di luce non vera;
l'immensa pianura
sembrava arrivare
fin dove l'occhio di un uomo
poteva guardare
e tutto d'intorno
non c'era nessuno
solo il tetro contorno
di torri di fumo.
I due camminavano,
il giorno cadeva
il vecchio parlava
e piano piangeva;
con l'anima assente
con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo
di miti passati.
I vecchi subiscon
l'ingiuria degli anni,
non sanno distinguere
il vero dai sogni;
i vecchi non sanno
nel loro pensiero
distinguer nei sogni
il falso dal vero.
E il vecchio diceva
guardando lontano
immagina questo
coperto di grano
immagina i frutti
immagina i fiori
e pensa alle voci
e pensa ai colori.
E in questa pianura
fin dove si perde
crescevano gli alberi
e tutto era verde;
cadeva la pioggia
segnavano i soli
il ritmo dell'uomo
e delle stagioni.
Il bimbo ristette
lo sguardo era triste
e gli occhi guardavano
cose mai viste;
e poi disse al vecchio,
con voce sognante:
«Mi piaccion le fiabe
raccontane altre». |
Quale allegria se ti ho cercato per una vita
senza trovarti
senza nemmeno avere la soddisfazione
di averti per vederti andare via
quale allegria, se non riesco neanche più
a immaginarti
senza sapere se strisciare se volare
insomma non so più dove cercarti
quale allegria,senza far finta di dormire
con la tua faccia sulla mia
sapere invece se domani ciao come stai
una pacca sulla spalla e via...
Quale allegria, quale allegria, cambiar faccia
cento volte per far finta di essere un
bambino con un sorriso ospitale ridere cantare
far casino insomma far finta che sia
sempre un carnevale... Sempre un carnevale.
Senza allegria uscire presto la mattina
la testa piena di pensieri
scansare macchine, giornali tornare in fretta
a casa tanto oggi è come ieri
senza allegria anche sui tram e gli aeroplani
o sopra un palco illuminato
fare un inchino a quelli che ti son davanti e sono
in tanti e ti battono le mani.
Senza allegria a letto insieme senza pace
senza più niente da inventare.
Esser costretti a farsi anche del male
per potersi con dolcezza perdonare e continuare.
Con allegria far finta che in fondo in tutto il mondo
c'è gente con gli stessi
tuoi problemi e poi fondare un circolo serale
per pazzi sprassolati e un poco scemi
facendo finta che la gara sia arrivare in salute
al gran finale.
Mentre già è pronto Andrea con un bastone
e cento denti che ti chiede di pagare
per i suoi pasti mal mangiati
i sonni derubati i furti obbligati
per essere stato ucciso quindici volte in fondo
a un viale per quindici anni
la sera di Natale... |
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Fabrizio De Andrè |
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Mario Luzi |
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Lettera a Mario Luzi |
Caro Luzi,
la seguo da innumerevoli anni perché è proprio da uomini illuminati come lei che io, e penso molti altri miei colleghi, traiamo insegnamento e suggerimenti continui per migliorare, almeno nella forma, i versi delle nostre canzoni.
E c'è anche a motivo, almeno da parte mia, un'aspirazione forse troppo ambiziosa: tracciare la silhouette di un ponte che riesca a traghettare l'attenzione dei nostri simili dalla lingua comunemente parlata a quella scritta dai grandi poeti e narratori.
È una strada difficile e non tanto per i limiti di chi non sa e non vuole fare poesia ma al contrario perché l'udito è forse il più ricattabile dei sensi: se così non fosse penso che Ulisse che aveva visto, assaggiato, annusato e in fin dei conti sensorialmente sperimentato tutto, non sarebbe ricorso allo stratagemma della cera a riparo dalla magia del canto delle sirene. Eppure questo incantesimo, quasi a voler sminuire la fortuna di chi ne sappia fare uso, rassomiglia troppo a se stesso, troppo sovente si fa specchio della propria radiosa apparenza e solo raramente concede agli chansonniers spiragli ad elevate intuizioni musicali e letterarie. Anche per questo trovo la sua analisi delle mie canzoni assolutamente puntuale.
La ringrazio, caro maestro, per il tempo che ha voluto dedicare all'opera d'un cantastorie che da sempre la ammira e che trova qui l'opportunità per significarle un grande affetto. |
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I have come to catch your voice |
Sono venuto a prendere la tua voce |
I have come to catch your voice,
Your constructed notes going out of the throat
With dry, mechanical gestures,
To catch the shaft
Altought it is so straight and unbending;
Then, when I open my mouth,
The light will come in an unwavering line.
Then to chatch night
Wading through her dark cave on ferocious wings.
Oh, eagle-mounthed,
I have come to pluck you,
And take away your exotic plumage,
Altough your anger is not a slight thing,
Take you into my own place
Where the frost can never fall,
Nor the petals of any flower drop. |
Sono venuto a prendere la tua voce,
Le tue note costruite che escono dalla gola
Con aridi, meccanici gesti,
A catturare il raggio,
Anche se è così dritto e inflessibile;
Quando aprirò la bocca
La luce vi entrerà senza ondeggiare.
Sono venuto a prendere la notte,
Che guada su ali feroci nella nera caverna.
Oh, bocca d'aquila,
Sono venuto a spennarti,
A strapparti l'esotico piumaggio,
Benché sia forte la tua collera:
A portarti da me,
Dove il gelo non può mai scendere
Né i petali d'alcun fiore cadere. |
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